Tra le province di Chieti, Pescara e L’Aquila, il Parco Nazionale della Majella è esteso per circa 80 mila ettari. E’ formato da quattro gruppi montuosi principali: la Majella vera e propria, che presenta le massime elevazioni (Monte Amaro mt 2795, Monte Acquaviva mt 2737…), il Morrone, i boscosi monti Pizzi e i monti Porrara, Rotella e Pizzalto, ormai a ridosso del Parco Nazionale d’Abruzzo.
Pretoro è sito nella parte nord-orientale della Majella, zona ricchissima di boschi di faggio, di praterie di altitudine, formazioni di pino mugo, di fauna e di flora pregiate. E’ qui che è possibile fare passeggiate o escursioni più impegnative. La mutevolezza del paesaggio è estrema, ed è possibile incontrare, nelle valli selvagge, antiche testimonianze di pastori, addirittura briganti, segno di un’antica e assidua frequentazione umana del massiccio montuoso.
La straordinaria mutevolezza del paesaggio e la ricchezza di testimonianze storiche fanno della Majella un luogo unico in Italia. Con un po’ di fortuna qui è possibile avvistare il camosci, cervi, caprioli, cinghiali, aquile reali e lupi.
LA LEGGENDA
Per gli abruzzesi la Maiella è la Madre, il profondo legame che c’è tra essa e gli abitanti di paesi situati sui suoi versanti, tra tutti Pretoro, affonda le proprie radici nella leggenda. La narrazione inizia con Maja, la più bella delle sette Pleadi, che scappò dalla Frigia per giungere nei boschi abruzzesi con suo figlio Ermes, gigante nato dall’amore di Maja e Zeus. I due erano in cerca di un erba miracolosa presente solo su quel territorio in modo da poter salvare il gigante ferito gravemente in battaglia. La ricerca si rivelò vana poiché la neve ricopriva ogni angolo di radura. Ermes morì e la madre affranta lo seppellì sul monte Gran Sasso, dove ancora oggi si può ammirare il profilo del gigante che dorme. La bella Pleade, straziata del dolore errò senza sosta fino a quando non esalò il suo ultimo respiro logorata dal pianto. Fu trovata da pastori che la seppellirono adornando il posto di erbe aromatiche e fiori colorati, da quel giorno il monte sul quale ella fu seppellita prese il suo nome: Majella (o Maiella) e prese la forma di una donna impietrita dal dolore piegata su se stessa con lo sguardo fisso al mare. Nelle giornate di vento, nei boschi e nelle valli si sentono ancora oggi i suoi lamenti.
LA GEOLOGIA
Probabilmente meno sentimentale ma altrettanto interessante è
l’origine geologica di questo monte. La Maiella, infatti, è il massiccio
più singolare dell’Appennino dal punto di vista geologico. La
caratteristica di tutte le rocce che lo compongono è la stratificazione.
Gli ambienti che si crearono durante il processo di deposizione degli
strati rocciosi è assimilabile a quello di mari tropicali. Nell’area dove
attualmente vi è il monte vi erano ambienti marini ad acqua bassa
caratterizzati da spiagge calcaree. Prevalentemente i depositi erano
di disfacimento delle barriere organogene e delle piattaforme
carbonatiche. Queste condizioni perdurarono, portando così
gradualmente all’uniformarsi dei due diversi ambienti di
deposizione. Alla fine del Paleocène (53 milioni di anni fa) le aree
precedentemente interessate dalla sedimentazione subirono una
brusca emersione. Alla fine del Miocène (10-7 milioni di anni fa) tutto
l’Appennino subì delle profonde trasformazioni poiché le
piattaforme carbonatiche laziali e abruzzesi continuarono a sollevarsi
e iniziarono la loro migrazione verso oriente. Infine, durante il
Pliocène (7-1,8 milioni di anni fa) si assistette al completamento
dell’emersione che ancora oggi conferisce alla montagna la sua
inconfondibile forma cupoliforme. La Maiella presenta una
caratteristica eterogeneità di territori,: oltre 30 cime superano i 2000
m, e la più alta è quella di Monte Amaro (2793 m). Il versante
occidentale e quello orientale sono assai diversi tra di loro: il versante
occidentale è ricco di altipiani e centri urbani situati ad alte quote,
questi ultimi sono più frequenti sul versante orientale poiché la loro
altezza in media non supera i 600 m.
La vegetazione arborea non supera i 1700 m e, nonostante le copiose
e regolari nevicate non esistono ghiacciai o nevai permanenti. Il
monte appare nel complesso arido, spesso sede di fenomeni carsici.
Le regioni in cui si manifesta il carsismo hanno in comune presenza
di rocce solubili e precipitazioni meteoriche abbondanti. Nel caso
specifico del calcare si hanno processi di erosione e di deposizione.
Nelle regioni carsiche dunque, si osservano sia forme di erosione
dovute alla dissoluzione del calcare, sia forme di deposito dovute
alla precipitazione del carbonato di calcio. La Majella è caratterizzata
perlopiù da modellamenti sotterranei, infatti sono presenti circa 200
grotte.
AVVENIMENTI STORICI
“Maiella misteriosa, il luogo del brigantaggio”.
La più significativa incisione lasciata sulla
“Tavola dei Briganti” (terrazza panoramica in pietra a 2.100 m, sulla
quale vi sono incisioni lasciate da briganti che la ritenevano un punto
di ritrovo) è la seguente: « Leggete la mia memoria per i cari lettori.
Nel 1820 nacque Vittorio Emanuele II Re d’Italia, prima il ’60 era il
regno dei fiori ora il regno della miseria». I briganti erano dei ribelli
che in tutta l’area del Mezzogiorno si organizzarono in bande per
opporsi all’occupazione piemontese e all’imposizione delle norme
previste dallo Statuto Albertino per niente conformi con le loro
abitudini e attitudini. Le bande combatterono dal 1861 al 1865 in
nome di Francesco II di Borbone (ex Re del Regno delle due Sicilie) e
del Papa Pio IX, i quali effettivamente finanziavano il movimento.
Le loro azioni erano cruente e non da meno quelle di repressione da
parte delle truppe del neostato italiano. Nel 1863 fu promulgata la
Legge Pica la quale autorizzava processi sommari direttamente nelle
caserme giudiziarie per la giustiziazione dei briganti. Nel Chietino la
prima banda fu quella di un contadino di Arielli, Nunziato Mecola,
seguito da gente tanto povera quanto motivata a combattere per la
restaurazione del Regno Borbonico. Quando fu protagonista degli
assalti il bel paesino di Pretoro, il capo della banda era sicuramente
Pasquale Mancini definito il Mercante e proveniente da Roccamorice,
a detta del signor Fanciulli. Il saccheggio ebbe luogo il 6 Giugno 1861
e, gran parte della popolazione pretorese si trovava nella chiesa di
San Nicola per la celebrazione del Corpus Domini. Il motto dei
briganti era “Chi vive?” e la risposta per salvarsi era “Francesco II”,
nonché un signore di Pretoro, Nicola D’Angelo, sentendo porsi tale
domanda rispose “Vittorio Emanuele!” e con un colpo di fucile
venne mutilato a un braccio. Peggiore fu la sorte di un suo
compaesano, Giuseppe Di Tiero, ex garibaldino in servizio al corpo
di guardia che esclamò “Viva Vittorio!” e trovandosi bloccato dai
due briganti Angelo De Thomasis e Nicola Vincenzo De Thomasis
venne ucciso sul colpo dal proiettile del fucile di uno dei due. Lì
iniziò il saccheggio di Pretoro che portò alla banda di ribelli un
bottino di oro, denaro, lenzuola e panni di lino e viveri. Nello stesso
anno prese piede la Banda della Majella sul versante Occidentale,
capeggiata da Salvatore Scenna di Orsogna e i fratelli Domenico,
Antonio e Giovanni Di Sciascio di Guardiagrele, quest’ultimo venne
fucilato pubblicamente nella piazza del suo paese a monito per tutta
la cittadinanza. C’è una specifica spiegazione al perché ci fu una
diffusione tanto grande del fenomeno in Abruzzo ed è senza dubbio
rappresentata dalla presenza della Maiella. La montagna abruzzese è
l’habitat della mugheta più fitta d’Europa che permise il nascondiglio
a numerosi briganti, così come le innumerevoli grotte e rupi.
Il Foro è uno dei fiumi più importanti della Majella, ha una portata perenne e presenta acque di ottima qualità. Nasce nell’area del Comune di Pretoro, ha una lunghezza di 35 km che gli permette di toccare 24 comuni per poi sfociare nel Mare Adriatico in un punto posto a confine tra il territorio comunale di Francavilla al Mare e quello di Ortona. Il Foro ha diversi piccoli affluenti. L’intero bacino è alimentato da un’unica sorgente collocata al passaggio tra l’area montana e quella pedemontana del Comune di Pretoro.
Lungo la vallata del Foro ospitata dal comune di Pretoro sono posti dei rari esemplari di architettura industriale: i mulini rupestri. Mulini ad acqua completamente ricavati dalla roccia; la loro origine è molto antica, le prime attestazioni scritte sono del 1059 e trattano la loro donazione ai monaci benedettini di San Salvatore a Maiella. Gli opicifi sono citati, nella seconda metà del 1700, anche nei carteggi della famiglia Colonna, feudataria del paese. Rimasti in attività fino all’avvento della seconda guerra mondiale, ne sono tutt’oggi visitabili in tutta la loro incredibile unicità.
Le splendide faggete della Majelletta fanno da sfondo ad una delle passeggiate “classiche” e adatte a tutti che proponiamo ai nostri ospiti. Gli alberi, alti e dritti, la lettiera di foglie e i funghi accolgono il visitatore tra i profumi e le luci del bosco. In autunno, l’umidità pomeridiana spinge le salamandre ad uscire allo scoperto offrendo uno spettacolo emozionante, qui infatti è presenta la salamandra pezzata e la preziosa salamandrina dagli occhiali. La cascata dell’Asinara, spesso purtroppo con scarse portate d’acqua, si rivela in tutta la sua bellezza in inverno, quando la roccia e il ghiaccio creano sculture ardite, fatte di colonne, stalattiti e stalagmiti.
Da l’argentina volta de’ nugoli
Gabriele d’Annunzio, in “Canto novo”
obliqui sprazzi di sole illustrano
i culmini de la Majella
i colli in cerchia gradanti a ‘l mare;